Straperetana 2025 – Iperfamiglie
La Straperetana 2025, a cura di Paola Capata e Annalisa Inzana, è una mostra di Arte Contemporanea che si snoda tra due palazzi storici e i vicoli di Pereto, si è conclusa il 17 agosto. Il tema di quest’anno è stato “Iperfamiglie”, un viaggio introspettivo, attraverso opere in comunicazione tra loro, nel concetto di famiglia ma non nell’accezione comune del termine, bensì nel senso di appartenenza ad un gruppo i cui legami tendono ad essere speciali e indissolubili. Tra artisti più giovani o meno conosciuti, anche nomi più affermati come Giovanni Ozzola, Marzia Migliora e Ketty La Rocca. Le opere, esposte all’interno di Palazzo Maccafani e Palazzo Iannucci, dialogano tra loro sul senso di famiglia, di insieme, in due parti ben separate, una più rude, più politica e più diretta, l’altra più poetica e meno sviscerante. Palazzo Maccafani ha ospitato opere di Gaia Alari, Diana Anselmo, Stefano Arienti, Tomaso De Luca, Ketty La Rocca, Marzia Migliora e Vedovamazzei, in un percorso in netto contrasto con la location, di stampo medievale, dal sapore decadente. All’ingresso ci accolgono le opere di Stefano Arienti, famiglie di opere che raccontano famiglie di persone, in atteggiamenti naturali privi di giudizio, che ci accompagnano verso la sala degli affreschi, decorata con dipinti murali non particolarmente preziosi, ci si interroga sulla spersonalizzazione di sé stessi, con Vedovamazzei e i ritratti bucati, che non sono ritratti nel senso tradizionale del termine, ma opere concettuali in cui la perforazione diventa simbolo di spazio (fisico e mentale), rinuncia o memoria. Attraverso questo gesto minimale, gli artisti evocano temi universali come identità, architettura dell’esperienza e riflessività sul rapporto tra forma, rappresentazione e narratività. Questi ritratti parlano con tre opere di Tomaso De Luca, tra cui il modello usato per il video A Week’s Notice, un’installazione video e sonora su tre canali che, attraverso miniature di architetture fragili e distorte, narra un gesto di resistenza poetica contro il processo di gentrificazione derivato dall’AIDS, attraverso il quale l’artista ricerca una nuova estetica nell’entropia dello spazio domestico, trasformando il disfacimento in un atto creativo. Scendendo con attenzione delle scale di legno si scende nel Mezzanino, interamente dedicato al Canto Libero di Marzia Migliora. In una atmosfera un po’ cupa, data dall’ambiente non rifinito, svuotato da ogni significato e più simile ad una cantina privata di qualsiasi presenza umana, il telefono da sottomarino aspetta il suo interlocutore, che ascolterà senza parlare un audio di 7 minuti in cui le voci delle balene, che risvegliano un senso di primordialità, si intrecciano con le domande reali poste dalle operatrici del Telefono Rosa Torino in diverse telefonate che hanno ricevuto. Non si ascoltano risposte all’altro capo, la sola domanda è sufficiente a suscitare considerazioni. Ancora più giù, nella Cisterna, la proiezione di un videomorphing di illustrazioni di Gaia Alari, che mostra come la mente può creare, dare vita, partorire sequenze di immagini, proprio come una madre fa con i figli, esattamente come la Natura fa da sempre. Dirigendosi verso Palazzo Iannucci, La casa del Prete, dove sono esposte le altre opere, tra i vicoli di Pereto osserviamo altre opere, tra cui Le osservatrici di Claudia Ferri, Barracuda e Marettimo di Alberto Podio, Prove per una lunga attesa di Raffaele Fiorella, Nel mentre avanzo, di Sara Dias, Protezione visibile di Silvia Mantellini Faieta, Ragnetto di Mattia Pajè, Riflessioni sugli Stati di Daniela d’Arielli e Paesaggio di Agostino Iacurci, dell’edizione precedente. La casa del Prete è un palazzo a tre piani, il pianoterra era condiviso con il comando dei carabinieri mentre i piani superiori erano abitati dal “prete”, che in realtà era un alto prelato con stretti contatti con il Vaticano. Nella cella di detenzione al pianoterra le foto Padam Padam (pann mbuss) di Alessandra Di Mizio, che ritraggono gesti semplici tipici di presenze familiari spesso lontane o dimenticate. Nel Magazzino Senza Titolo, di Sabrina Iezzi, sculture in terracotta e cruda, che ci spostano l’attenzione sul corpo e sul difficile rapporto con esso e con la coscienza di sé. Salendo le ripide scale accediamo ai locali della casa del prete, che conservano qualche tocco di antichità in contrapposizione con la contemporaneità delle opere. Filo conduttore l’odore tipico caratteristico dei vecchi mobili in legno, presenti in tutti gli ambienti. Ci accoglie Odonchimeg Davaadorj, con alcuni acquerelli in cui si evidenziano le radici, l’appartenenza, la famiglia come paesaggio in cui imparare ad abitare.Nelle stanze attigue le pareti sono riempite da Antonio Leone e le sue figure animali umanizzate, create non per divertire ma per evidenziare le malinconie, le incertezze, il bisogno di tenerezza delle persone, rafforzando il concetto di Orwell e La fattoria degli animali, da cui apprendiamo che leggere la realtà è più facile quando è travestita. Nella stanza del Prete le Sorelle di Claudia Ferri, che introducono l’ultima stanza in cui MP5 pone, quasi a voler provocare il vecchio dipinto di San Giuseppe appeso sulla parete, tre figure adagiate su una tavola di legno, nell’atto del riposo su un letto a due piazze. Chi siano o che legami abbiano tra loro non è dato sapere, ma è certa l’intimità che le racchiude nella struttura, lasciando un’apertura. Salendo altri gradini dalla cucina, la frammentarietà del pavimento di un angusto corridoietto, ci prepara all’installazione di Giovanni Ozzola, Amarti mi affatica, che ci apre 20 piccole finestre sull’infinito e sul fascino dell’ignoto attraverso i colori vibranti delle vedute sul mare. La Straperetana è un evento capace di connettere una memoria storica antica come quella del borgo di Pereto con l’Arte Contemporanea, attraverso un concetto che, pur aprendosi ad altre accezioni, è antico e probabilmente necessario a ognuno di noi: appartenere ad un gruppo, chiamato famiglia, permettendo di mettersi in linea ed aprirsi alla ricezione per accogliere il significato dell’Arte Contemporanea e i messaggi che essa intende inviare. I diritti su immagini ed opere appartengono ai rispettivi proprietari.